
Campari: le origini dell’aperitivo italiano
di Simona Vitagliano
“In fondo, non è forse vero che l’attesa del piacere è essa stessa il piacere?“
Sono anni, ormai, che la frase di questo spot pubblicitario, ripresa dal filosofo tedesco Gotthold Ephraim Lessing, rimbomba nelle nostre teste, colorando le nostre giornate anche attraverso tutte le vignette scherzose ed i meme che sono stati creati sulla sua base.
Campari ha sempre fatto del buon advertising, su questo non ci sono dubbi.
Con la saga Red Passion, cominciata alla fine degli anni 90, sono state tantissime le personalità di spicco del mondo dello spettacolo d’oltreoceano a prestarsi per gli spot: da Salma Hayek a Eva Mendes, finendo a Benicio Del Toro.
Eppure il Campari è tutto italiano, con 150 anni all’attivo di una ricetta rimasta invariata nel tempo; com’è nato, quindi, questo mito?
La storia
Siamo nel 1860, in un piccolo bar di Novara, chiamato il “Caffè dell’Amicizia”, rilevato da un certo Gaspare Campari. Qui nasce e si perfeziona quello che sarebbe diventato il bitter che conosciamo oggi, all’epoca chiamato “Rosa Campari“, un alcolico ottenuto dall’infusione in alcol e acqua, di erbe aromatiche, piante e frutta.
Quando la famiglia di Gaspare si trasferisce a Milano, alla fine dello stesso anno, il Campari passerà attraverso la Galleria Vittorio Emanuele II, dove verrà fondato il bar Campari, appunto, e il famosissimo Camparino che, dal 1915, anno in cui viene inaugurato, rivoluziona tutto poichè, dal suo scantinato, parte un impianto idraulico che arriva direttamente al bancone, in grado di garantire flusso continuo di seltz ghiacciato. Lo stesso scantinato/retrobottega dove il proprietario, instancabilmente, lavora a “elisir” alcolici di piacere, tra cui i famosi Bitter all’uso d’Hollanda e il Cordiale. Una assoluta novità !
Il bar presto comincerà a popolarsi di artisti, intellettuali, politici, divenendo alla moda, importante, un punto di riferimento dell’aperitivo milanese.
Quarant’anni dopo viene inaugurato il primo impianto produttivo a Sesto San Giovanni e l’azienda inizia a esportare all’estero.
E la bottiglietta a forma di calice capovolto, così particolare, da dove arriva?
Ancora una volta bisogna riferirsi alle strategie di marketing sapientemente scelte dai proprietari del marchio.
Nel 1926 viene ingaggiato Fortunato Depero, pittore e scultore all’avanguardia, per occuparsi della campagna pubblicitaria di Campari. In verità , il loro rapporto deve essere cominciato tempo prima poichè nel 1925 si ritrova già uno schizzo di quella che diverrà la famosa bottiglietta, che all’epoca era solo l’immagine per un manifesto pubblicitario.
Davide Campari, figlio e successore di Gaspare al comando dell’azienda, la adotterà come bottiglia dell’aperitivo, adattandola al marchio completamente e personalizzandola, imprimendo la scritta sulla sua superficie di vetro.
Da lì il successo di Campari è stato inarrestabile, globale e mondiale.
Il bitter è stato testimonial di eventi storici, presenza nei film di Federico Fellini, compagnia per milioni di italiani negli sketch di Carosello.
Una ricetta che è diventata simbolo del nostro Paese e ambasciatore di esso nel mondo!
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