07 Lug 2017

Capolavori di Napoli: la Galleria Umberto I

di Simona Vitagliano

Chi, a Napoli, non conosce la Galleria Umberto I?
Chi non ci è passato almeno una volta nella vita, rimanendo di stucco dinanzi alla sua immensa e fiera apparizione?

Quello che non tutti sanno, però, è che questa meraviglia architettonica è stata scelta, qualche anno fa, per il progetto del “Forum nazionale dei giovani”, in occasione dei 150 anni dell’Unità  d’Italia, con l’obiettivo di pubblicizzare, nel mondo, le ricchezze di tutta la nostra penisola.

Ma qual è l’origine di questa meraviglia partenopea?

La storia

La storia di questa galleria comincia, ebbene sì, a Milano, in un’altra costruzione ad essa molto affine, edificata circa venti anni prima: la Galleria Vittorio Emanuele II. Traendo ispirazione proprio da qui, nell’Ottocento, nel Quartiere San Ferdinando, nel cuore di Napoli, venne costruita questa “gemella napoletana” un po’ più piccola (solo la cupola, progettata dall’ingegnere Paolo Boubeè, è più alta di quella milanese di ben 10 metri) da Luigi Emanuele Rocco, Ernesto di Mauro e Antonio Curri, con un progetto su tre piani in stile liberty.

La sua inaugurazione è avvenuta il 10 Novembre 1892, per mano del sindaco Nicola Amore, attraverso un’esposizione di prodotti artistici, artigianali e industriali: fu proprio così che divenne, sin da subito, polo commerciale dell’intera città  di Napoli, anche grazie all’ubicazione favorevole, nei pressi di via Toledo, del Teatro San Carlo e di Piazza Plebiscito.

I suoi meravigliosi pavimenti policromi hanno una particolarità , che si svela in corrispondenza della cupola: mostrano i mosaici con i segni dello zodiaco, realizzati dalla ditta veneziana Padoan, ma non tutti sanno che questa è una “new entry” avvenuta nel 1952, per sostituire la pavimentazione originale, danneggiata dalla guerra.

I nostri nonni ricorderanno sicuramente, però, la Galleria Umberto I per un’altra ragione: per cinquanta anni, infatti, è stata la “sede” degli sciuscià , i lustrascarpe di cui, oggi, rimangono rarissimi ed isolati eredi.

Un territorio, quello della galleria, che ha visto, insomma, personalità  semplici e ordinarie mescolate a figure di rilevanza storica ed artistica di livello, visto che ospita anche il famoso Salone Margherita, che è stato il primo cafè-chantant d’Italia della Belle epoque, luogo d’incontro d’intellettuali come Gabriele D’Annunzio, Matilde Serao o Salvatore Di Giacomo.

Non solo polo commerciale, insomma, ma anche centro mondano, che ha fatto della Galleria Umberto I quella che è oggi, agli occhi dei residenti e dei turisti.

Una curiosità 

La zona su cui sorge la Galleria era già  intensamente urbanizzata nel XVI secolo, formata da un groviglio di strade parallele raccordate da piccoli vicoli, che da via Toledo sboccavano di fronte al Maschio Angioino.

Si trattava di vicoli con una pessima fama, pieni di taverne e case di malaffare, dove avvenivano delitti di ogni tipo.

Alla fine del XIX secolo il degrado era al top, con edifici a sei piani in cui la situazione igienica era pessima, tant’è che la zona, tra il 1835 ed il 1884, fu teatro di nove epidemie di colera. Dopo l’ultima di queste, si cominciò a considerare un intervento governativo e, nel 1885, fu approvata la Legge per il risanamento della città  di Napoli, grazie alla quale vennero presentate varie proposte. Alla fine, il progetto vincente fu proprio quello dell’ingegner Emmanuele Rocco, ripreso in seguito da Antonio Curri ed ampliato da Ernesto di Mauro, che prevedeva una galleria a quattro braccia che si intersecavano in una crociera ottagonale coperta da una cupola.

Le demolizioni degli edifici preesistenti (ad esclusione del palazzo Capone) iniziarono il 1º Maggio 1887 ed il 5 Novembre dello stesso anno fu posta la prima pietra dell’edificio. La galleria, come abbiamo visto, è stata inaugurata dopo soli 3 anni ed ha dato nuova dignità  a quelle strade e a quei vicoli tanto malfamati in passato.