
Che buona la graffa napoletana!
di Simona Vitagliano
Nessuno può dire di essere immune al gusto e alla fragranza delle graffe napoletane.
Dorate, dolci, soffici al palato, grazie alla presenza delle patate nell’impasto, mangiate ancora calde sono un trionfo di sapore per i palati di tutti, napoletani e non.
Un dolce così tipico della Campania e, soprattutto, di Napoli, che mai ci si aspetterebbe che le sue origini appartengano ad un altro posto, fuori dai confini nazionali; esattamente, infatti, le graffe, così come le conosciamo oggi e le ritroviamo nelle botteghe di tutta la regione, provengono da un altro tipo di dolce, molto simile, originatosi nelle lontane terre dell’Austria e della Germania.
Le origini delle graffe
La graffa è uno di quei simboli napulegni per eccellenza, legata al Carnevale e alla Festa del Papà , ma presente sulle tavole e per le strade partenopee ogni giorno dell’anno.
Le sue origini, però, si perdono nel tempo e arrivano molto lontano.
Partendo dall’etimologia, cioè dall’origine della parola stessa, il termine “graffa” deriverebbe dalla parola austriaca “krapfen“ che, alla fine del XVII secolo, si usava per indicare piccoli impasti fritti ripieni di confettura; questo piccolo peccato di gola arrivò in Italia, e quindi, ovviamente, anche in Campania, nel XVIII secolo, durante la dominazione austriaca, in seguito al trattato di Utrecht (una serie di trattati di pace firmati tra il Marzo e l’Aprile del 1713, che aiutò a porre fine alla guerra di successione spagnola). La parola krapfen, a sua volta, sarebbe derivata dal longobardo krapfo (krappa in gotico) che sta per“uncino”: la frittella dolce, infatti, inizialmente, aveva proprio quel tipo di forma.
Ma c’è molto altro che si racconta circa la provenienza di questa leccornia tutta napoletana.
Tra le tante leggende, ce n’è una che riguarda una pasticciera viennese, una certa Cecilia Krapf, che avrebbe dato vita a questo dolce, donandogli anche il suo nome.
Insomma, il legame austro-tedesco-partenopeo appare confermato in ogni versione, tant’è che anche gli ingredienti della ricetta originale coincidono con l’evidenza storica.
È la forma che, come è accaduto per tanti altri dolci, si è modificata nel tempo, passando da una sagoma uncinata ad una più tonda, come quella che siamo abituati a trovare nelle vetrine del centro storico.
Napoli, poi, ha provveduto, nei secoli, a creare una versione tutta sua.
Nel 1830 circa, infatti, sono nate le zeppole di San Giuseppe, con quell’inconfondibile aroma creato anche dalla presenza delle patate, nell’impasto, che le rendeva anche eccezionalmente soffici.
Le varianti
Ma non è stata solo la nostra città a dare il suo contributo personalizzato a queste frittelle di pasta dolci.
Ci sono molti luoghi del Nord Italia dove la cultura austro-tedesca è predominante e la tradizione ha subito altri tipi di evoluzioni.
In Sudtirolo-Alto Adige, ad esempio, le graffe sono per lo più legate al Carnevale, chiamandosi “Faschingkrapfen“, cioè “Krapfen di Carnevale“.
Una tendenza che, inizialmente, era vissuta anche tra i partenopei che, però, successivamente, hanno eletto questo dolce a simbolo della città , lasciandolo reperibile ogni giorno dell’anno, per tutte le occasioni.
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