
Cinzano, il cin cin all’italiana
di Simona Vitagliano
Quella di Cinzano è una grande storia italiana che va avanti attraversando i secoli.
La prima traccia è da ritrovarsi, addirittura, nel 1568: a testimonianza c’è una delle prime registrazioni ufficiali, custodita negli archivi parrocchiali del borgo di Pecetto Torinese, in Piemonte, proprio lì dove, alla fine del XIX secolo, un piccolo territorio sito tra Pecetto e il comune di Chieri era chiamato proprio con questo nome.
All’epoca i Cinzano erano specializzati in colture di alberi da frutto e vite, producendo un ottimo rosolio, ben conosciuto anche da noi napoletani: si tratta di un liquore realizzato con i petali di rosa, che fa da base, molto spesso, per altri alcolici, liquori, vini…
Quasi due secoli dopo, nel 1707, il maestro acquavitaio Giovanni Battista Cinzano ottenne la licenza per distillare e vendere elisir e rosoli fino a Torino.
Esattamente cinquant’anni dopo, nel 1757, i fratelli Carlo Stefano e Giovanni Giacomo Cinzano, suoi eredi diretti, acquisirono il titolo di maestri acquavitai, “congregati” nell’Università dei Confettieri e Aquavitari di Torino, e un’ulteriore licenza che permise loro di aprire la bottega-laboratorio di Via Dora Grossa, oggi denominata via Garibaldi, nel centro di Torino.
Il 1786 fu un anno importante per l’azienda: venne insignita dai reali di Casa Savoia come miglior produttore di una specialità torinese di Vermouth (quello Rosso) e incaricata, dal Re di Piemonte e Sardegna, di emulare i metodi francesi per realizzare lo Champagne, restando, però, nei domini reali di Santo Stefano Belbo e Santa Vittoria d’Alba; quest’ultimo, in particolare, faceva da base proprio nelle tenute dei fratelli.
Ci è voluto del tempo, ma dopo la prima metà dell’Ottocento i Cinzano dettero vita ad una produzione a livello industriale, inaugurando il primo stabilimento a Santo Stefano Belbo.
La ricetta del loro famoso Vermouth, per tutto questo tempo, è rimasta segreta.
In una cronaca dell’Esposizione Italiana di Torino del 1884 si legge: “È solamente dopo aver percorso tutto il labirinto di gallerie, la lunga sequela di cantine, dopo aver visto il continuo e ordinato lavorio, che senza posa si agita colà quotidianamente, che si arriva a comprendere tutta l’importanza di questa colossale casa
di esportazione”¦ Il vermouth viene spedito ovunque, ma soprattutto in America del Sud, in fusti e bottiglie. Così pure i baroli, le barbere, i moscati: questi ultimi vennero specialmente perfezionati, ridotti a squisiti vini spumanti, che cominciarono ad acquistare rinomanza per aroma e limpidezza”.
Innovazione e imprenditorialità
Cinzano si è sempre distinta per il suo sguardo moderno ed innovativo, ammiccante verso il futuro prossimo; così, si è ritrovata ad essere spesso “prima” in molte scelte.
Ad esempio, il primo impianto frigorifero in uno stabilimento enologico fu proprio quello di Santa Vittoria, nel 1904, esattamente come, nel 1911, ci fu il primo aeroplano utilizzato per la pubblicità industriale, che lanciò su Milano dischetti promozionali.
Anche a livello grafico i Cinzano si sono sempre distinti: i manifesti del famoso pittore Cappiello sono entrati nella storia della pubblicità . Chi, anche solo guardandoli, può dire di non averli mai visti in giro, anche ai giorni nostri?
La crescita
Nel 1929 anche la famiglia Florio, di tradizione industriale, e gli stabilimenti Woodhouse (prima azienda vinicola, fondata da un inglese nel 1796, che ha iniziato l’esportazione del Marsala in Gran Bretagna ed altri paesi europei) ed Ingham-Whitaker (antica casa vinicola con sede a Marsala e produttrice dell’omonimo vino) entrarono a far parte del Gruppo: fu proprio in quel momento che il mercato internazionale del Marsala ricevette un nuovo input.
Anche il brand del Ferro-China di Bisleri è stato acquisito con la ricetta originale; si è inserito, quindi, all’insieme, anche questo già celebre liquore scuro, adatto come digestivo e per aperitivi.
Oggi
Gli stabilimenti di Santa Vittoria d’Alba sono stati successivamente ceduti, mentre, nel 1999, il marchio Cinzano è stato acquisito dal Gruppo Campari (ma non lo stabilimento), che conta 16 stabilimenti nel mondo, tutt’ora attivo nel continuarne la fortunata produzione in una di queste strutture, a Novi Ligure, moderna, avanzata e di alto livello tecnologico.
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