
Il Palazzo Reale di Napoli
di Simona Vitagliano
Passare al Gambrinus per un caffè o per perdersi nella storia e nella bellezza vintage e senza tempo dello Stile Liberty e non entrare a contatto con il Palazzo Reale di Napoli è praticamente impossibile.
Si tratta di un luogo così pieno di storia che analizzarlo sotto tutti di vista sarebbe impossibile: sul suo pavimento hanno camminato le personalità più influenti ed importanti della storia partenopea, dall’epoca vicereale in poi, e non c’è un angolo, uno spigolo, un pezzo d’arte che non parli di Napoli.
La storia, in breve
La costruzione del Palazzo Reale di Napoli si rese necessaria quando, in epoca vicereale, come detto, Fernando Ruiz de Castro si rese conto che, per accogliere gli ospiti (in particolare si aspettava una visita del Re di Spagna, Filippo III d’Asburgo) mancava una sede davvero sfarzosa, elegante ed ampia. Esisteva già da una cinquantina d’anni, infatti, un Palazzo Vicereale, assolutamente non in linea con i desideri del vicerè, di cui parte dei giardini, quindi, furono utilizzati proprio per la costruzione dell’ampia Reggia che, in breve, lo sostituì; il Palazzo Vicereale Vecchio, successivamente, venne addirittura abbattuto (creando quella che oggi chiamiamo Piazza Trieste e Trento).
La collocazione urbanistica scelta continuava la tradizionale posizione della residenza reale al margine meridionale della città antica, avendo l’accortezza di restare nei pressi del porto, qualora al Re fosse necessaria una fuga, anche improvvisa.
La prima pietra del Palazzo venne posta nel 1600 ed il progetto fu affidato a Domenico Fontana, considerato, in quel periodo, il più prestigioso architetto d’occidente: proveniva dalla corte papale e ricopriva il ruolo di ingegnere maggiore del Regno.
L’ispirazione di Fontana fu legata ai canoni tardo-rinascimentali, ma ci sono stati interventi successivi, anche nel 1700 e 1800, ad opera di altre importanti personalità del panorama partenopeo, che hanno tratto spunto da altri tipi di concezioni. Nel 1734, infatti, Napoli divenne capitale di un regno autonomo con Carlo III di Borbone ed il Palazzo fu ampliato su più versanti, con la creazione di due nuovi cortili, con un gusto che si rifaceva del tutto al tardo barocco; al tempo di Ferdinando Il Borbone, poi, tra il 1838 e il 1858, furono previsti dei lavori per ripristinare il Palazzo dopo un incendio che lo devastò. In quel caso, l’architetto Gaetano Genovese fu incaricato di un restauro nel gusto neoclassico.
Dal 1600 al 1946 il Palazzo Reale è stato sede del potere monarchico a Napoli e, ovviamente, per tutta l’Italia meridionale: dai viceré spagnoli e austriaci ai Borbone e ai Savoia, hanno tutti dimorato lì.
Dopo l’Unità d’Italia, il Palazzo fu ceduto al Demanio dello Stato, nel 1919, divenendo sede della Biblioteca Nazionale che, dall’epoca, lo occupa in parte (ospitando una raccolta di un milione e mezzo di volumi, tra cui rari manoscritti medievali e i papiri di Ercolano); l’altra ala, quella più antica e ricca di storia, è stata adibita a Museo dell’Appartamento Storico.
Il Palazzo Reale oggi
Quando passiamo dinanzi a questo Palazzo, la facciata che balza ai nostri occhi è quella del Fontana: si notano anche gli stemmi reale e vicereale, insieme a quello dei Savoia. A parte l’evidentissima torretta dell’orologio, però, la sezione che più risalta all’attenzione è quella in cui compaiono una serie di archi e di nicchie all’interno delle quali, a fine 1800, i Savoia collocarono 8 statue, per omaggiare i più illustri sovrani delle varie dinastie ascese al trono di Napoli: Ruggiero il Normanno, Federico II di Svevia, Carlo I d’Angiò, Alfonso I d’Aragona, Carlo V, Carlo III di Borbone, Gioacchino Murat, Vittorio Emanuele II di Savoia.
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