
La storia e l’origine della sfogliatella
di Simona Vitagliano
Tra Amalfi e Positano,mmiez’e sciure
nce steva nu convent’e clausura.
Madre Clotilde, suora cuciniera
pregava d’a matina fin’a sera;
ma quanno propio lle veneva‘a voglia
priparava doie strat’e pasta sfoglia.
Uno ‘o metteva ncoppa,e l’ato a sotta,
e po’ lle mbuttunava c’a ricotta,
cu ll’ove, c’a vaniglia e ch’e scurzette.
Eh, tutta chesta robba nce mettette!
Stu dolce era na’ cosa favolosa:
o mettetteno nomme santarosa,
e ‘o vennettene a tutte’e cuntadine
ca zappavan’a terra llà vicine.
A gente ne parlava, e chiane chiane
giungett’e’ recchie d’e napulitane.
Pintauro, ca faceva ‘o cantiniere,
p’ammore sujo fernette pasticciere.
A Toledo nascette ‘a sfogliatella:
senz’amarena era chiù bona e bella!
‘E sfogliatelle frolle, o chelle ricce
da Attanasio, Pintauro o Caflisce,
addò t’e magne, fanno arrecrià .
So’ sempe na delizia, na bontà !
Se volessimo raccontare la storia della sfogliatella basterebbero questi celebri versi a renderla quasi musicale alle nostre orecchie.
Ma il napoletano è una lingua a tutti gli effetti (tra l’altro, patrimonio dell’UNESCO) e, come, tale, non è conosciuta da tutti; ci accingiamo, quindi, a fare questo piccolo viaggio virtuale nella maniera tradizionale.
Le origini
Siamo tra Furore e Conca dei Marini, in Costiera Amalfitana, circa 4 secoli fa (negli anni del 1600), precisamente nel convento di Santa Rosa, abitato da monache di clausura che, per definizione, dovevano tenersi impegnate per evitare, il più possibile, contatti con l’esterno. Per questo coltivavano la terra, cucinavano il pane, si ingegnavano in ricette anche se, per la verità , i menu erano solitamente sempre molto simili tra loro.
Un giorno, però, accadde qualcosa che sarebbe stata la scintilla per un cambiamento nella storia del convento, della costiera e di tutta Napoli; quella stessa scintilla che avrebbe creato il presupposto giusto per la nascita di un nuovo simbolo tutto napoletano.
Quel giorno una delle monache (qualcuno dice madre superiora), di nome Clotilde, si accorse di alcuni avanzi di semola bagnata nel latte. Naturalmente sarebbe stato un grave spreco buttarla, per cui si adoperò in una scelta istintiva culinaria: la miscelò con ricotta, frutta secca e liquore al limone (che oggi chiameremmo limoncello) e la infornò, dopo averla resa ripieno di un impasto, allungato con vino bianco e strutto, di due sfoglie chiuse a ricordare la forma di un cappuccio di monaco: era nata la Santarosa.
Il dolce, infatti, riscosse non solo successo tra le altre sorelle ma cominciò ad essere offerto al popolo, in cambio di qualche moneta, per cui fu necessario dargli un nome e si scelse proprio quello del monastero dove era stato creato.
Per arrivare a Napoli, però, questa leccornia, ci mise ben 200 anni.
Nel 1818, per vie ancora da chiarire, colui che all’epoca era ancora un oste, Pasquale Pintauro, entrò a contatto con questa delizia che lo folgorò, letteralmente.
Decise, così, di rivisitarne la ricetta, trasformando la sua osteria in via Toledo in un laboratorio dolciario e divenendo, egli stesso, pasticciere.
La versione rivisitata da Pintauro
Pintauro eliminò la crema e le amarene del ripieno e assottigliò la sfoglia, privandola di quel richiamo al cappello monacale: è così che è nata la sfogliatella!
Altre versioni meno “ufficiali” della storia riportano, però, che potrebbero essere state le stesse monache a rivisitare la grandezza delle sfoglie di pasta, creando, richiudendo tutto a copertura del ripieno, quella forma di conchiglia che ci è tanto familiare, nel caso della variante frolla.
La sfogliatella oggi
Oggi la bottega di Pintauro, con la vecchia insegna ma nuova gestione, è sempre lì, pronta a deliziare i passanti con le sue sfogliatelle fragranti ma, nel corso dei secoli, questo dolce è diventato così famoso da aver preso le sembianze di un vero e proprio simbolo per Napoli ed i suoi abitanti e non c’è bar, pasticceria, laboratorio che non lo rivenda al pubblico.
Disponibile nella variante riccia e in quella frolla (in alcuni luoghi, soprattutto in costiera, è possibile ancora assaporare l’antica Santarosa), ‘a sfugliatell’ è pronta a regalare emozioni intense ai napoletani e ai turisti, già attraverso il suo profumo, che riempie le strade ed i vicoli della città … e chi si ritrova a passeggiare nei pressi del Gambrinus ne sa qualcosa!
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