
Salone Margherita, il tempio della Belle à‰poque napoletana
di Simona Vitagliano
Il Salone Margherita è uno di quei luoghi che hanno fatto Napoli, in un periodo in cui, di certo, non si parlava ancora nè di crisi nè di guerre: la Belle à‰poque.
L’inaugurazione
Il 15 Novembre 1890, alla presenza della créme cittadina, tra cui principesse, contesse, uomini politici e giornalisti del calibro di Matilde Serao, il salone aprì per la prima volta i battenti, divenendo il simbolo di un lungo periodo di benessere napoletano.
La stessa Serao scrisse: “Chi può mai enumerare le belle sorprese di questo ritrovo alla moda? Tutte le sere c’é da stordirsi, in vero, e si deve solo alle molteplici e gaie attrattive se il pubblico vi accorre numeroso. Correte tutti al Salone Margherita e troverete davvero di che rinfrancarvi lo spirito, di che deliziarvi non solo la mente e gli orecchi, ma anche gli occhi, oh gli occhi soprattutto”¦“.
L’idea di rifarsi ai cafè-chantant francesi, come il celebre Mouline Rouge, venne ai fratelli Marino e, grazie alla mediazione del sindaco Principe di Torella, fu possibile inserire il progetto in quello della Galleria Umberto I, tant’è che i locali vi furono situati proprio sotto.
Il successo fu immediato, anche grazie al pullulare di intellettuali in città , a quei tempi.
Lo stile
Cartelloni promozionali, contratti, menu: tutto era scritto in francese, la stessa lingua con cui i camerieri e gli spettatori si esprimevano, arrivando a creare nomi d’arte per gli artisti, fintamente d’oltralpe, che ricalcavano lo stesso stile parigino.
È proprio a questa circostanza che si devono i nomi, ad esempio, anche di canzoni dedicate ad artiste comparse sul palco del Salone, come “Lily Kangy”, “A frangesa” o la famosissima “Ninì Tirabusciò”, scritta nel 1911 da Salvatore Gambardella e Aniello Califano.
Ma se, da un lato, furono in tantissimi gli artisti italiani a calcare il palco del Salone Margherita, prima e dopo aver raggiunto la celebrità , dall’altro furono anche personaggi internazionali di spessore ad esibirsi, come La Bella Otero e Cléo de Mérode, rispettivamente ballerina spagnola e francese.
Al Salone Margherita si deve anche una eredità simpatica, come quella della “mossa”, inventata da Maria Ciampi, e il termine, ancora ad oggi utilizzato, di “sciantosa“, che deriva proprio da chanteuse, che, in francese, significa “cantante”.
Nel 1891 il Salone fu rilevato da Giuseppe Marino, direttore del Banco di Napoli, e da Eduardo Caprioli.
Cominciarono a fare lunghe apparizioni anche illusionisti, tenori o soubrette e femme fatale succinte e particolarmente sexy, che raccoglievano, all’apertura del sipario, stratosferici applausi.
Il cinematografo e l’episodio di Lucy Nanon
Nel 1898 fu installato, nella Galleria, il cinematografo, che poi divenne visibile anche dal Salone.
Intanto, un fatto di cronaca sconvolse habitué e non, raggiungendo anche l’opinione pubblica: Lucy Nanon, una chantause francese, si ritrovò a subire un vero e proprio attentato a mano armata durante una sua esibizione. Fu uno spettatore a sventarlo e a salvare la situazione e, in seguito, si scoprì che tutto era stato organizzato da un noto camorrista (Raffaele Di Pasquale, detto “o’buttigliere”) le cui avance erano state rifiutate. La “sciantosa napoletana” divenne, così, un triste stereotipo, anche se la faccenda non ebbe eco in negativo per il Salone.
Con la fine della Belle à‰poque e la nascita della “sceneggiata napoletana“, gli standard offerti dal Salone Margherita non erano più in voga, entrando definitivamente in crisi; la chiusura, però, avvenne solo molto più tardi, nel 1982: nel tempo, il suo cinema era diventato il quinto della Galleria, non c’era più esclusività , quindi, in nessuno dei suoi aspetti (anche perchè nacquero altri saloni “gemelli”, in città ), senza contare che, negli anni 70, cominciò a risentire di una brutta fama di luogo di perdizione… il lungo momento di gloria legato all’eleganza e agli spettacoli all’avanguardia era ormai un ricordo.
Il Salone Margherita oggi
Fortunatamente, i locali di questo luogo d’eccezione napoletano sono tornati fruibili dal pubblico nel 2008, grazie all’acquisizione di privati, la famiglia Barbaro (Barbaro Group), già impegnata, sul suolo partenopeo, con importanti investimenti nel settore dell’abbigliamento e dell’arredamento.
Gli investitori hanno fatto sapere di essere interessati ad un restauro ma, nel frattempo, il Salone, adibito anche a teatro,con i suoi due palchi ed il palco mobile, accessibili da due corridoi affrescati in stile pompeiano, ed il salone principale, circondato da nicchie e soppalchi arricchiti con stucchi e marmi policromi, è tornato ad offrire serate di tango, mostre ed eventi d’eccezione.
Ultimi articoli
Archivi
- Gennaio 2021
- Maggio 2020
- Aprile 2020
- Marzo 2020
- Febbraio 2020
- Gennaio 2020
- Dicembre 2019
- Novembre 2019
- Ottobre 2019
- Settembre 2019
- Agosto 2019
- Luglio 2019
- Giugno 2019
- Maggio 2019
- Aprile 2019
- Marzo 2019
- Febbraio 2019
- Gennaio 2019
- Dicembre 2018
- Novembre 2018
- Ottobre 2018
- Settembre 2018
- Agosto 2018
- Luglio 2018
- Giugno 2018
- Maggio 2018
- Aprile 2018
- Marzo 2018
- Febbraio 2018
- Gennaio 2018
- Dicembre 2017
- Novembre 2017
- Ottobre 2017
- Settembre 2017
- Agosto 2017
- Luglio 2017
- Giugno 2017
- Maggio 2017
- Aprile 2017
- Marzo 2017
- Febbraio 2017
- Gennaio 2017
- Dicembre 2016
- Novembre 2016
- Ottobre 2016
- Settembre 2016
- Luglio 2016