Inaugurazione Gambrinus 1973
30 Nov 2025

La rinascita del Gran Caffè Gambrinus

La rinascita del Gran Caffè Gambrinus

Il Gambrinus di Napoli è oggi uno dei Caffè storici più belli e visitati al mondo. Leggendo la sua storia, però, non è sempre stato così. A momenti di grande splendore (come durante i fasti della Bella Époque) si sono alternati periodi poco felici. L’anno più nefasto fu il 1938 il Gambrinus quando il locale fu chiuso e smembrato, un’ala fu destinata al Banco di Napoli mentre l’altra a vari negozi.

La parentesi negativa è durata quasi 40 anni e il Gambrinus, in quel periodo, era ridotto ai minimi storici, con sole due sale su via Chiaia. Fortunatamente nel 1973 proprio nel momento più drammatico è partita la rinascita grazie ad un uomo, l’imprenditore napoletano Michele Sergio, conosciuto come ‘o ragioniere.

Arturo Sergio, figlio di Michele, attuale amministratore dello Storico Caffè, ci racconta come era il Gambrinus quando fu rilevato dal padre nel 1973

 

Chi gestiva il Gambrinus prima della famiglia Sergio-Rosati?

Il Gambrinus era gestito dai fratelli Castaldi, due gemelli, nipoti di Pizzicato, famoso per la sua friggitoria e per le sue squisite zeppole e panzarotti. I Castaldi non curavano il Gambrinus come meritava ma soprattutto non avevano intrapreso nessuna azione per riportare il Locale agli storici fasti.

 

Perché tuo padre decise di rilevare il Gambrinus

Mio padre, Michele Sergio, ricordava i fasti e la magnificenza del Gambrinus perché aveva avuto modo di vederlo di persona, da bambino, tra gli anni ’20 e ’30. Mio padre, già titolare di alcune caffetterie nel centro di Napoli decise di rilevare, allora, lo Storico Caffè con il sogno (oggi si direbbe la Mission) di riportarlo agli antichi splendori.

 

Come si presentava il Gambrinus nel 1973

Non aveva un bell’aspetto. In realtà nemmeno si notava in quanto era chiuso tre il Banco di Napoli a sinistra e da negozi a destra. Ricordo che c’erano delle porte vecchie e tavoli piccoli con tovaglie a righe. Le sedie e il resto degli arredi non erano all’altezza del nome. Nessuno vi entrava e le persone nemmeno sapevano che quel Bar era stato il principale salotto della città a cavallo tra fine ‘800 e inizio ‘900. Anche il contesto non aiutava. Piazza del Plebiscito era un enorme parcheggio a cielo aperto e la città viveva anni difficili.

 

Quando prendeste possesso del locale in che stato lo trovaste.

Prendemmo possesso nell’agosto nel 1973. Il Gambrinus si presentava poco curato e trascurato. Non trovammo niente né cimeli né oggetti antichi di valore o di qualche interesse storico. I primi tempi furono molto difficili anche a causa dell’epidemia di colera che qualche settimana dopo l’apertura colpì la nostra città.

 

Come avete superato questo difficile momento?

In realtà tutta la città subì una crisi economica-finanziaria per via del colera. La situazione, ovviamente, era uguale per tutti i bar e ristoranti di Napoli. Noi, in particolare, superammo la crisi grazie all’intraprendenza di mio padre, il quale aveva maturato una notevole esperienza imprenditoriale gestendo altri bar. Ricordo che il Gambrinus riuscì ad andare avanti anche grazie alla comunità eritrea che veniva due volte a settimana a consumare (giovedì e domenica). Dopo qualche tempo facemmo una rinnovazione e mettemmo una vetrina di gelati. Le vendite iniziarono ad andar bene, soprattutto in primavera ed estate e riuscimmo così con tanta fatica e spirito di sacrificio a superare quel difficile periodo.

 

Quando avete capito che il Gambrinus sarebbe ritornato ad essere uno dei caffè più belli del mondo?

Quando nel 1980 riuscimmo a recuperare due antiche sale dal banco di Napoli oggi chiamate “Sala Totò”. Così iniziò un percorso di recupero degli altri ambienti che durerà in tutto 50 anni (nel 2000 fu recuperato il salone su piazza del Plebiscito e nel 2024 si è recuperato la sala degli specchi su via Chiaia). Quando la situazione sembrava andare per il verso giusto, proprio in quell’anno, il 23 novembre 1980 un terribile terremoto colpi la Campania purtroppo con numerose vittime e tantissime case distrutte. Riuscimmo a superare anche quest’altra difficoltà. Ma questa è un’altra storia…

Michele Sergio