il segreti del caffè napoletano
14 Dic 2025

I segreti del caffè napoletano secondo Gambrinus

I segreti del caffè napoletano secondo Gambrinus

 

“Come è buono questo caffè!”, “ma perché da voi è più buono?”, “da noi non lo sanno proprio fare!”.

Chiunque sia entrato almeno una volta in un bar di Napoli ha sentito esclamazioni simili da turisti affascinati dal caffè della città del Vesuvio. Quello napoletano, oramai, è riconosciuto come una delle eccellenze della gastronomia italiana e un simbolo della cultura partenopea, celebrato da poeti, scrittori, cantanti e registi. In molti, in Italia e all’estero, hanno provato a imitarlo o a farlo “ancora migliore”, ma nessuno riesce davvero a riprodurne il carattere o a superarne la bontà. Perché? Qual è il suo segreto?

 

Un segreto ben custodito

Da operatori del settore possiamo dire che la tazzulella ha più di un segreto che sono conosciuti solo da chi lavora nella filiera del caffè made in Naples, ma vengono da costoro custoditi con grande gelosia. Non è un caso se i torrefattori napoletani non rivelano mai le origini dei chicchi né le percentuali delle loro miscele, così come i baristi sono poco propensi a svelare i trucchi del mestiere ai giovani apprendisti. Il Gambrinus con questo articolo oggi svelerà per il lettori del suo blog alcuni piccoli segreti.

 

Primo segreto: la tostura

Innanzitutto, le miscele napoletane sono storicamente orientate verso un gusto intenso, deciso, tendente all’amaro. Il primo segreto è quindi la tostatura: più lunga e a temperature più elevate rispetto ad altre tradizioni italiane ed europee. Da qui nascono il colore scuro della crema, il corpo pieno e le note aromatiche che ricordano il cioccolato, il pane tostato e la nocciola.

 

Secondo segreto: la miscela

Alla classica specie Arabica, più dolce e profumata, si aggiunge una quota ben studiata di Robusta, più ricca di caffeina e capace di dare maggiore corposità e una crema più densa. È questo equilibrio, mai rivelato nei dettagli, a rendere unico ogni caffè “firmato” Napoli.

 

Terzo segreto: l’acqua.

Elemento imprescindibile in quanto costituisce il 90% della tazzina. A Napoli si utilizzano acque di ottima qualità tra le quali quella che arriva dalle sorgenti del Serino, nota fin dai tempi degli antichi romani per la sua purezza. Le terre vulcaniche della Campania Felix contribuiscono a renderla unica. È un’acqua ricca dei sali minerali giusti per esaltare l’estrazione del caffè, senza coprirne gli aromi.

 

Quarto segreto: i baristi.

La cosiddetta “scuola napoletana del caffè” discende direttamente dai maestri caffettieri chiamati dai Borbone a corte. Generazione dopo generazione, tecniche, tempi di estrazione, pulizia delle macchine, temperatura delle attrezzature e della tazzina vengono trasmessi come un sapere artigianale prezioso.

 

Quinto segreto: il rito.

Il vero caffè napoletano si serve in tazzina caldissima, quasi ustionante. Non di rado è accompagnato dall’esclamazione “Comm’ cazz’ coce!”. Questa temperatura rende il momento dell’assaggio intenso e memorabile.

Non stupisce, dunque, che molte industrie del caffè e catene straniere di caffetterie negli ultimi anni abbiano scurito le tostature e ribilanciato le miscele guardando proprio al modello partenopeo. Il caffè napoletano, con il suo gusto forte e rotondo e la sua capacità di reggere alla perfezione l’abbinamento con il latte (e con le bevande vegetali), resta un punto di riferimento assoluto. La prossima volta che berrete un “napoletano”, saprete quali sono i segreti dietro la tazzina.

Buon caffè a tutti.

Michele Sergio