02 Giu 2017

La granita siciliana

di Simona Vitagliano

Il caldo torrido, il ventilatore o il condizionatore acceso, una terrazza, un giardino o una casa vacanze in spiaggia pronta ad accogliere una tavolata di amici a cena: è così che immaginiamo e sogniamo l’estate ogni anno; e nessuno può dirsi immune al fascino di un dopocena o di un dessert fresco offerto da una dolce granita di frutta.

Quello che non tutti sanno, però, è che quella che normalmente, oggi, chiamiamo “granita” non è che una lontana “cugina” della più antica e tradizionale granita siciliana!

Granita siciliana: l’idea tradizionale di dolce ghiacciato

Se tanti supermercati e gelatai offrono granite a buon mercato, che altro non sono che ghiaccio “contaminato” da un gusto fruttato o aromatizzato a menta, vaniglia ed altri sapori, la Sicilia ha una tradizione tutta sua in fatto di granita, ed ha tanto da insegnare.

La vera granita siciliana, infatti, è un composto di acqua, zucchero e frutta, che viene ghiacciato lentamente ma mai completamente, mescolandolo continuamente in modo da ottenere un risultato cremoso e non semplicemente duri cristalli di ghiaccio aromatizzati.

Un’altra differenza importante tra la comune granita e questa crema siciliana è che quest’ultima non viene mai consumata a fine pasto, ma sempre a colazione oppure durante uno spuntino, accompagnata da pane o da una brioche, nel gusto che si preferisce.

Di solito le opzioni riguardano: limone, fragola, pistacchio, caffè, ma esistono alcune varianti che, di luogo in luogo, sono reputate “specialità “, inserite nell’elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali siciliani, come la granita ai gelsi neri e quella alla mandorla.

Meno frequenti, ma altrettanto ricercati, sono i gusti al fico d’India, al gelsomino, al cioccolato, alla pesca, al mandarino o all’ananas.

Ma torniamo ancora indietro nel tempo: se le granite comuni provengono da quella siciliana, dov’è da ricercare la matrice comune nel passato?

Storia della granita siciliana

L’idea generale  è che dietro la ricetta della granita siciliana ci sia addirittura una bevanda araba, chiamata sherbet.

Si tratta di un succo di frutta ghiacciato, aromatizzato con acqua di rose, con cui i siciliani vennero a contatto durante l’epoca della colonizzazione.

La cosa curiosa è che, inizialmente, la granita siciliana veniva preparata raccogliendo grandi quantità  di neve dall’Etna (e dai monti vicini), sfruttando delle niviere in pietra, create dentro grotte naturali, per evitare che si sciogliesse e, soprattutto, che perdesse quella temperatura fresca naturale. Con il passare del tempo quella stessa neve si ghiacciava e veniva asportata grattando sulle lastre che si formavano e trasportando il tutto aggiungendo del sale, che manteneva bassa la temperatura; questo anche perchè è facile immaginare che il consumo di questa pietanza avvenisse maggiormente nelle stagioni più calde.

La granita veniva successivamente preparata in un contenitore d’acciaio, che girava continuamente proprio come una sorta di miscelatore, a sua volta contenuto in un pozzetto con neve e sale.

Proprio questo tipo di preparazione deve aver ispirato un altro nome che identifica questo fresco dolce aromatico, sia in Sicilia che nella nostra Campania: la rattata, cioè, appunto, la “grattata”.