
La Napoli di sotto: la Galleria Borbonica
di Simona Vitagliano
Napoli è un posto incredibile: non si può camminare troppo a lungo senza inciampare in un pezzo di storia.
Accade così anche quando si mette il piede fuori dal Gran Caffè Gambrinus. A due passi da Piazza Plebiscito, infatti, in Vico del Grottone 4, c’è il secondo ingresso a quel patrimonio immenso che è la Galleria Borbonica (il primo ingresso è situato in via Domenico Morelli, dal parcheggio omonimo).
Si passa così, in pochissimi minuti, dallo stile liberty al vintage più incredibile ed inimmaginabile, passando per viadotti sotterranei, condotti d’acqua, automezzi abbandonati e molto altro.
Si tratta di un sito in continua evoluzione, poichè molti volontari stanno ancora partecipando ad operazioni di scavo e recupero e tanto c’è ancora da scoprire. Ma di cosa si tratta, esattamente? Cosa bisogna aspettarsi da una visita in quel luogo custodito sottoterra?
La storia
La Galleria Borbonica è una delle tante storie di Napoli raccontate… dal sottosuolo. Si trova esattamente sotto la collina di Pizzofalcone, proprio nei pressi del Palazzo Reale. E a tutto questo, ovviamente, c’è un motivo.
Il traforo venne, infatti, commissionato, nel 1853, da Ferdinando II di Borbone ad Enrico Alvino (già noto per gli incarichi di via Chiaia e S. Ferdinando), in modo da congiungere il Palazzo Reale con Piazza Vittoria, che era vicina al mare e alle caserme. L’idea non era del tutto nuova: c’era già stato un tentativo nel 1850 da parte dell’architetto Antonio Niccolini che però non era andato a buon fine.
Il decreto con il quale si dette vita a questo impegno, tuttavia, celava il motivo principale per cui tutto questo avveniva: il viadotto sotterraneo doveva servire come via di fuga per la famiglia reale in caso di necessità ; in fondo, i moti del 1848 erano molto vicini, a livello temporale, e quindi si capisce da cosa scaturisse tale preoccupazione. Insomma, il vero fine era militare, per collegarsi velocemente con le caserme di Chiaia.
Il progetto originale comprendeva due gallerie, nei due sensi di marcia, di cui la prima, che portava a Chiaia, sarebbe stata chiamata “Strada Regia“, e la seconda, in senso contrario, “Strada Regina“.
Ci vollero circa 3 anni di impegno continuo per completare i lavori, che tuttavia non ebbero l’esito sperato perchè le difficoltà incontrate lungo il percorso furono tantissime: dai rami di un acquedotto settecentesco che si dovettero arginare con degli ingegnosi lavori di idraulica per evitare di levare l’acqua ad alcune botteghe, ad alcuni ambienti antichi, fino ad arrivare ad una grossa cisterna che riforniva la città di Napoli e alle cave di Carafa.
Con delle idee e delle realizzazioni che sono state pensate ed attuate man mano, i lavori si conclusero nel 1855, ma senza arrivare mai a Palazzo Reale e quindi lasciando un condotto che non presentava uscite; anche l’idea di aprire delle botteghe lungo il percorso venne abbandonata.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, però, questi luoghi trovarono un nuovo tipo di utilizzo, perchè fornirono rifugio per moltissimi cittadini napoletani (si parla dai 5mila ai 10mila), rimasti senza casa a causa dei bombardamenti. Vennero realizzate delle ulteriori aperture appositamente per rendere più semplice ed agibile il transito ed inoltre le gallerie vennero dotate di impianto elettrico e servizi igienici, sistemando il tutto un po’ alla buona anche rivestendo le pareti di calce bianca.
Ma non è stata l’unica volta in cui la Galleria ha cambiato destinazione d’uso.
Nel dopoguerra, negli anni 70, è stata utilizzata come Deposito Giudiziale Comunale per immagazzinare i ritrovamenti provenienti dalle macerie dei bombardamenti, ammassando, al contempo, anche tutto quello che veniva recuperato da crolli, sfratti e sequestri, come moto e auto, arrivando anche, purtroppo, a scarichi abusivi.
In tempi più recenti, nel 2007, è stato anche scoperto un ulteriore passaggio murato che portava in un’altra zona che era stata adattata a ricovero bellico e che in passato era stato utilizzato dai famosi “pozzari” per occuparsi della manutenzione dell’acquedotto. Ed è proprio il luogo in cui, oggi, è situata la seconda entrata, nei pressi di Piazza Plebiscito, a due passi dal Gambrinus!
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