
Ferdinando Russo: tra musica e poesia
di Simona Vitagliano
Nel panorama degli intellettuali napoletani, Ferdinando Russo è una di quelle personalità controverse a cui, però, è difficile rimanere indifferenti: poeta e giornalista, è ricordato soprattutto in quanto autore di canzoni anche irriverenti e divertenti che, ai suoi tempi, sono state oggetto di polemiche e scherno.
Biografia
Ferdinando Russo è nato nel 1866 da Gennaro, ufficiale del dazio, e Cecilia De Blasio.
Non ha mai completato gli studi, diventando giovanissimo correttore di bozze della Gazzetta di Napoli e fondando, nel 1886, un periodico letterario chiamato “Il Prometeo“. Successivamente ha lavorato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La capitale partenopea è stata la protagonista assoluta della sua attività di giornalista, descritta anche con simpatia in alcune sue canzoni sfrontate ed impertinenti (oltre che in poesie ritenute indecenti e scabrose per il linguaggio utilizzato ed i temi trattati), prima di raggiungere il successo definitivo con “Scetate” nel 1887. Da lì ha cominciato collaborazioni importanti con musicisti di pregio, incluso Rodolfo Falvo – ricordato da tutti per aver scritto la meravigliosa “Dicitencello vuje” partendo dai versi di Enzo Fusco -, producendo una serie di canzoni napoletane di successo.
Ma c’è un elemento da conoscere della sua storia che può aiutare a capire nel profondo la sua personalità : Russo, infatti, era ritenuto un personaggio bizzarro e ai limiti dello stravagante e non era benvisto dagli altri letterati contemporanei che non gli risparmiavano critiche e battute pungenti. Addirittura, Salvatore Di Giacomo lo riteneva indegno di frequentare il Gambrinus poiché girava spesso vestito di stracci per inoltrarsi, di notte, tra le bettole di marinai, criminali e povera gente della Marina; in realtà , il poeta amava presenziare assiduamente anche proprio al Gran Caffè e ad altri salotti intellettuali, ma di giorno, suscitando lo sdegno della borghesia. Fu criticato anche da Benedetto Croce, ma ci fu chi sposò la sua causa, come Giosuè Carducci che, nel 1891, volle incontrarlo a Napoli. Si ricorda anche la scommessa con Gabriele D’Annunzio sul comporre, da abruzzese, versi in dialetto napoletano: è nata così, quasi per gioco, “‘A vucchella“, poi musicata da Francesco Paolo Tosti ed entrata di diritto nella storia della canzone napoletana.
Le sue pubblicazioni poetiche più importanti sono “Poesie napoletane”, “Villanelle napoletane” e la postuma “Suspiro ‘e Pulcinella” ma è ricordato anche per la sua critica all’Unità d’Italia e allo Stato Unitario, tanto che si ritrovò in più di una occasione in tribunale per accuse di vilipendio delle istituzioni.
Russo è morto improvvisamente nel 1927, nella sua casa di Via Cagnazzi, una piccola area del quartiere Stella incastrata tra Sanità , Capodimonte e Corso Amedeo d’Aosta, un tempo nota come contrada Pirozzolia: sulla scrivania rimasero incompiuti i versi di una nuova canzone.
Riposa al cimitero di Poggioreale.
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